
“E se il problema non fosse essere sulla Terra o nello spazio? Se il problema fossi io?” si chiede Elio Solis, protagonista di Elio, 29° film Pixar arrivato al cinema dal 18 giugno dopo anni di alterne fortune, rimandi e riscritture.
Diretto da Alfred Molina (Coco), che ha poi lasciato il timone alla doppia regia di Domee Shi (Red) e Madeline Sharafian (qui al suo debutto con un lungometraggio, dopo La Tana) e prodotto da Mary Alice Drumm, il film è una meravigliosa fiaba sci-fi sul senso di solitudine e sul desiderio di trovare il nostro posto nel mondo. Umano o alieno che sia.
Elio – di cosa parla il nuovo film Pixar?
Elio Solis (Andrea Fratoni) ha 11 e ha perso i suoi genitori. Ora vive con la zia Olga (Alessandra Mastronardi), analista dell’Air Force per il monitoraggio dei rifiuti spaziali. Zia Olga ed Elio non sembrano capirsi e il bambino trova un inaspettato conforto nella passione per lo spazio e gli alieni. La sua fervida immaginazione, infatti, viene alimentata dalla scoperta del Voyager, un satellite inviato nelle profondità dello spazio con il Golden Record, un disco sul quale sono incisi messaggi di pace da inviare agli alieni, nella speranza di ricevere una risposta.
Perennemente fuori posto sulla Terra, Elio si convince che lì fuori nella Galassia deve esistere un luogo per lui. Così, si appassiona al mondo spaziale e cerca con ogni mezzo di inviare un segnale agli alieni per…farsi rapire! L’occasione arriva quando, durante una visita all’alla base dove lavora sua zia, un analista rivela di aver registrato un messaggio di risposta al Golden Record.

Emozionato, Elio escogita un piano per rispondere al messaggio e gli alieni arrivano davvero! Il piccolo si ritrova così nel Communiverso: un luogo meraviglioso, di pace, armonia e accoglienza. Abitato dai principali ambasciatori dei più disparati pianeti dell’universo, il Communiverso è ciò che Elio ha sempre sognato. Tuttavia, gli alieni credono che Elio sia il leader della Terra e solo quando avrà provato il suo valore potrà ricevere la nomina di ambasciatore e restare nel Communiverso.
Terrorizzato all’idea di essere rispedito a casa, Elio si offrirà volontario per una delicata missione diplomatica con il malvagio Lord Grigon (Adriano Giannini). Incontrerà così il suo primo vero amico: il tenero alieno Glordon (Alexanders Gusev), con il quale scoprirà di avere molto più in comune di quanto pensasse…
Guardare alle stelle per sentirsi a casa
Annunciato poco dopo la pandemia, Elio è stato oggetto di una lungo viaggio, quasi al pari di quello del suo protagonista. Alfred Molina, che ha dato a Elio il suo background famigliare, avendo vissuto con una madre single e militare, è stato affiancato da Domee Shi e Madeline Sharafian. Alla regia a quattro mani delle due registe (una prima volta per un film Pixar) dobbiamo la riuscita sorpresa che si è rivelata Elio.

Il film, infatti, ha subito diversi rimandi e riscritture e sembrava essere un prodotto quasi dimenticato da Disney/Pixar, al punto che anche nella consueta operazione di marketing che ne precedeva l’uscita la parola d’ordine pareva “essere in sordina”. Eppure, Elio è una meravigliosa fiaba sci-fi, che si dipana in 99 minuti di pura magia Pixar e con un messaggio che arriva al cuore. Da anni, oramai, Pixar ha compreso che per arrivare al cuore degli spettatori bisogna parlare al loro bambino interiore. Da questa intuizione sono nati diversi capolavori, da Up a Inside Out e persino nelle operazioni meno riuscite, vedi il non apprezzato, ma profondissimo Soul o lo stesso Red, Pixar ha dimostrato che rompere gli schemi e portare sullo schermo personaggi imperfetti, spaventati, umani poteva davvero fare la differenza.
E anche Elio si inserisce in questa scia: il suo protagonista è un bambino solo, incapace di creare connessioni sulla Terra su cui è nato. Elio sperimenta la solitudine, ma ancor di più percepisce nello sguardo altrui la sua diversità come aliena, come qualcosa di altro da sé e da coloro che lo circondano. E, allora, perché non cercare gli alieni nella speranza che siano proprio loro a dare un posto alla sua natura così strana? Elio è solo uno dei tanti bambini (e adulti) che decide di guardare alle stelle per non sentirsi così fuori posto. E solo.
Harley Jessup svela i segreti del Communiverso
Quando arriva nel coloratissimo Communiverso, Elio per la prima volta si sente in pace con sé stesso. Persino il suo abbigliamento cambia: i colori neutri, grigi e cupi che indossava al campeggio militare o la bizzarra tuta con cui si stende sulla spiaggia per farsi rapire (e che è un rivestimento alquanto alieno per gli altri bambini umani che lo incontrano) lasciano il posto a colori sgargianti, con palette di viola e verde che sembrano pulsare di vita.
Se la Terra aveva un design schematico, di forme geometriche spigolose, in cui Elio – con le sue morbidezze e la sua dolcezza – non riesce a inserirsi, lo spazio è un universo fluido, fatto di luce e forme fluttuanti.

A spiegarlo è stato anche lo scenografo Harley Jessup, che ha sottolineato come per il Communiverso abbiano scelto “superfici curve e traslucide. Ci siamo ispirati alla macrofotografia. Abbiamo scoperto che guardando attraverso il microscopio, venivamo trasportati in un mondo sorprendente e diverso da quello a cui siamo abituati. Ci siamo ispirati a tutto, da piccoli funghi e muffe a cristalli e creature marine microscopiche“.
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Elio: essere umani o alieni, ma ad accomunarci sono le emozioni
In questo mondo fantastico, Elio sperimenta per la prima volta un senso di accettazione. Ma la verità è che pur avendo cambiato il cielo sotto cui vive, la solitudine che prova non è davvero svanita.
E lo comprende quando incontra il suo primo vero amico. Glordon è un alieno-bambino, dalla forma vermicolare e che è l’ennesima prova dell’eccellenza dei disegnatori e animatori Pixar. Pur non essendo dotato di occhi, è l’unico che riesce a vedere Elio e il pubblico percepirà le sue emozioni attraverso ogni movimento del suo corpo.

Glordon rivela che, nel corso della sua vita, è stato definito in tanti modi: “mal di testa”, “problema”, “difficoltà” e come Elio non riesce a trovare il suo posto in un mondo che lo vorrebbe corazzato e duro. Grazie all’amicizia con Glordon, Elio riesce a intuire cosa significhino accettazione di sé e comunicazione reale dei propri sentimenti. Per la prima volta, Elio comprende l’importanza di dover imparare a comunicare le sue emozioni e che “essere unici non vuol dire essere soli”. Perché quando troviamo noi stessi e le persone che sanno accettarci, allora, possiamo mostrare i nostri “teneri rotolini” (questa semicitazione la capirete guardando il film) senza timore di essere feriti.
Elio è un film che cita i capolavori del genere sci-fi e lancia un messaggio importante
L’ambientazione nello spazio ha permesso a Domee Shi e Madeleine Sharafian di dar sfogo al loro lato nerd. E così facendo hanno inserito all’interno di Elio quante più citazioni di Steven Spielberg, Alien, La cosa di John Carpenter possibile. Ma persino il loro citazionismo è un omaggio intelligente e divertente a un filone cinematografico che ha alimentato le nostre menti e la nostra immaginazione.

E di immaginazione ne serve eccome, in un mondo come il nostro. Il film parla di pace e di assurdità dei conflitti che non producono vincitori. E, in questo modo, Elio ha anticipato i tempi e la nostra attualità. Non solo il film è figlio del post-covid e trasmette bene il messaggio di contatto con l’altro e di una reale connessione. Ma fa anche di più: ci chiede un atto di fede e di speranza per la nostra Terra. Imparando a dialogare con onestà gli con gli altri e a vedere nella diversità dell’altro l’autentica ricchezza di cui abbiamo bisogno per proseguire il nostro viaggio.